giovedì, novembre 30, 2006

(3)

Si lavò i denti prima d’uscire. Si guardò allo specchio, per verificare di non avere tracce di dentifricio depositato ai lati della bocca. Tutto a posto. Poteva andare. Prese la giacca, portafoglio, chiavi e cellulare. La casella di posta lampeggiava: “3 nuovi messaggi ricevuti” e a seguire “Memoria insufficiente. Messaggio in attesa”. In velocità diede un’occhiata ai mittenti, lesse i messaggi e ne cancellò due, tanto per far spazio a quello che ancora fluttuava tra il ripetitore e il cellulare . La giornata si preannunciava molto impegnativa e particolarmente pesante. Ne era consapevole. Questo gli permetteva di pensare ad altro, di distrarsi un po’. Una vibrazione annunciò l’arrivo del messaggio in attesa. Era il suo. “Ciao. È da un po’ che non ci vediamo. Hai voglia di uscire una di queste sere?”. Era passato circa un mese e mezzo da quando lei si era fidanzata con l’altro tipo. Vabbè lei diceva di non essere assieme, ma di fatto era quella la realtà. Lui si era defilato, non si era più fatto sentire. Voleva declinare l’invito, ma non ci riuscì: la voglia di vederla, da solo, era troppa. La speranza di recuperare la situazione cozzava violentemente con la consapevolezza che non era possibile. Li aveva visti assieme non più di due settimane fa a una festa alla quale pure lui era stato invitato. E si era sentito un corpo estraneo. L’affiatamento, il gioco di sguardi, l’abbraccio intenso. Aveva notato e registrato tutto. Lei aveva cercato di coinvolgerlo nei discorsi, tentando invano di metterlo a suo agio. Lui non era riuscito a sostenere tale pressione e a stento riuscì a mascherarla. Quella sera, poi, era davvero troppo bella. Ripensava a questo, mentre pigiava nervosamente i tasti del cellulare a comporre la frase:”Va bene. O domani o giovedì. Dimmi te quando puoi”.

mercoledì, novembre 29, 2006

(2)

Lei non capiva. Davvero. Non si era resa conto di quello che stava accadendo. Era passato un po’ di tempo da quella volta in macchina, l’ultima volta che erano rimasti soli. Si erano trovati una sera a una festa, ma lui non era lo stesso di sempre. Poi non si era più fatto sentire. Percepiva il suo distacco, ma non ne intendeva il motivo e ci rimaneva male. Non voleva perderlo, in ogni caso. La innervosiva sentire in maniera netta quella sottile ostilità nei suoi confronti. “Perché? Non lo capisco, stavolta proprio non ci riesco”. Come ogni donna, aveva passato in rassegna tutte le possibili cause, ma stavolta non ne aveva trovata nemmeno una di realmente evidente. Ripercorreva mentalmente l’ultimo periodo, in cerca di indizi perduti o trascurati, ma le sembrava di aver setacciato tutti i principali momenti in cui erano stati assieme. Come mai questa improvvisa virata? Poco tempo prima le aveva pure confidato di trovarsi sempre meglio con lei. E non era nemmeno la prima volta che aveva una relazione con un altro ragazzo, anzi più volte in passato lui l’aveva spinta in tal senso. Sentiva il bisogno di parlare con lui, di chiarirsi, di capire cosa aveva fatto per meritarsi un tale comportamento ostile.

martedì, novembre 28, 2006

(1)

A chi stai pensando?”. Lui guidava, mentre lei, al suo fianco, con lo sguardo perso nel paesaggio pensava ad altro. Lui non sapeva bene se porre o meno la domanda e gli sembrava assurdo l’imbarazzo di tale incertezza. Non erano fidanzati ma solamente amici, solo perché lui si era sempre sottratto a tale legame. Si frequentavano da diversi anni ormai, e, a seconda dei periodi, anche in maniera fisicamente molto intima. Ogni tanto uno dei due aveva storie con qualcun altro/a, che regolarmente finivano perché subentrava una sorta di distacco. A dir la verità, lei, in passato, avrebbe fatto carte false pur di stare con lui, mentre lui, conscio di questo, aveva sempre giocato in maniera forse cinica coi sentimenti di lei. Ora la situazione era cambiata. Innanzitutto lei era cambiata nell’aspetto, molto più donna e consapevole di esserlo, magari non bellissima, ma parecchio attraente. Non aveva più paura di mostrarsi, le sue forme non erano in castigo, ma senza gratuite volgarità, giustamente valorizzate. Lui questo passaggio lo aveva percepito con un certo ritardo. “É più difficile notare un cambiamento, anche se evidente, nelle persone con le quali si ha a che fare frequentemente rispetto a quelle che vedi saltuariamente” questa era la giustificazione che si era dato. Tuttavia gli capitava ancora di stupirsi mentre, guardandola di sfuggita, si ritrovava a desiderarla come non mai. Anche perché lui l’aveva sempre adorata per il modo di pensare, per le idee e la brillantezza dei discorsi, per la disponibilità al dialogo: era questo quello che non trovava nelle altre ragazze. Anche il cambiamento fisico di lei, effettivamente lui l’aveva avvertito solo dopo aver riscontrato una nuova, leggera, sfumatura nel carattere: era diventata più decisa, meno insicura, maggiormente disposta al confronto senza snaturare la sua sensibilità; ecco questo dettaglio nella personalità lui l’aveva isolato subito, forse per primo. “È sempre più bello e gratificante stare a parlare con te” gli aveva detto non più di un mese prima. Lui inconsciamente, cercava nelle altre donne non tanto la bellezza, che chiaramente non disdegnava, ma quel pizzico di personalità che lei non aveva: il problema era dato dal fatto che dava per scontato che qualsiasi ragazza avesse tutte le altre qualità che lui le riconosceva e così, regolarmente le sue storie non decollavano. In un certo qual modo ne era sempre stato innamorato e al tempo stesso l’aveva sempre respinta: le occasioni non gli mancavano e lui, da perfetto opportunista, se possibile non se le faceva scappare. Ma negli ultimi tempi qualcosa era cambiato. Anzi i rapporti di forza si erano quasi capovolti. Non aveva mai pensato a lei così tanto e in maniera così insistente, quasi morbosa, come gli stava succedendo ultimamente. Il fatto di non sentirsi desiderato, di non sentirsi unico per lei come lo era sempre stato, lo sconvolgeva e lo raggelava. E si sentiva infantile in questa presa di coscienza.

“Ma cosa diavolo mi sta capitando?” se lo chiedeva frequentemente la sera, prima di addormentarsi. Il segnale più chiaro era legato al cellulare: ora ogni volta che arrivava un messaggio, sperava di vedere quel nome apparire sullo schermo, e quando lei gli rispondeva veloce e superficialmente alle domande, rileggeva più volte quei caratteri, quasi a cercare parole nascoste in righe non editate. Il fatto poi che lei, di sera, uscisse più spesso di un tempo con altre persone gli metteva in circolo una dose di gelosia, altre volte provata in passato, ma mai per lei.

A chi stai pensando?” se lo chiedeva mentre “Out of time” dei R.E.M. scandiva musicalmente il flusso di pensieri. Con la salivazione azzerata, tipica della tensione, decise di chiederglielo. Lei si girò, sorpresa dalla domanda, in un primo tempo quasi attonita. Accennando un sorriso e lisciandosi i capelli rispose gentilmente, dopo un attimo di indecisione: “ a un ragazzo che ho conosciuto quest’estate e con il quale sono uscita un paio di volte…”. Una botta incredibile di adrenalina alla pancia, il sorriso che gli si cristallizzava, in modo poco credibile, in viso. “forse te lo ricordi, c’era venerdì scorso nel locale, mi sono fermata a chiacchierare con lui…” lo guardava, quasi a supplicare un consiglio, quasi grata di avere rotto il ghiaccio, mentre lui annuiva meccanicamente con la testa. “vedi…da una parte mi attrae, è simpatico, dolce e mi fa sentire importante. Quando usciamo assieme è veramente gentile… dall’altra non so…non so come dirlo, ma non sono convinta fino in fondo delle sue intenzioni. Non capisco cosa voglia veramente da me. Non vorrei rimanerci male” Incrociarono gli sguardi e per primo lui abbassò gli occhi, pensando a lei, alla sua persona, al suo corpo e all’altro tipo. Lui in quel preciso istante capì di averla persa. E di essere perso per lei. O meglio: in quell’istante realizzò quello che da mesi era chiaro e che non voleva ammettere al proprio orgoglio. Rispose suo malgrado: “Sono certo che se sarà il ragazzo giusto per te, lo capirai e lui te lo farà capire.” Non riuscì ad aggiungere altro. Sì, certo, qualche frammento di discorso già masticato assieme, qualche frase vagamente a sfondo psicologico poteva pure sputarla, ma semplicemente non ci riuscì. Proprio quando stava cominciando a vederla con altri occhi, era tardi. Aveva indugiato troppo nel capire cosa stava succedendo, nel rendersi conto che lei non lo considerava più il “grande e unico amore”, come più volte si era sentito definire da lei. Aveva sottovalutato il fatto che i ragazzi le prestavano molte più attenzioni e che nel corso dell’ultimo anno lei aveva avuto molti più inviti a uscire. Era una sensazione differente dalle altre delusioni, o forse era la stessa ma stavolta inaspettata e per questo maggiormente avvertibile. Le emozioni in gabbia quando decidono di uscire sgretolano i lucchetti senza apparente difficoltà. Sentiva un fiume attraversargli il corpo. Si sentiva vibrare di pulsioni che non riusciva a spegnere. Amore, amarezza, rabbia, delusione, speranza, illusione. Il cuore inviava questo ai sensi, mettendo in stand-by la ragione.

domenica, novembre 26, 2006

Le sue teorie relative all’innamoramento erano molto pragmatiche. “Non esiste il colpo di fulmine” mi disse una volta.

venerdì, novembre 24, 2006

E poi quel che accade sta tutto nel perimetro del cerchio, che si apre e si chiude, con movimento sinusoidale. E, anche se non pare, è sempre lo stesso cerchio. D’altronde pure la Terra, che è il palcoscenico, sembra piana e invece, per quanto imperfetta, è una sfera.

giovedì, novembre 23, 2006

Sulle labbra le sensazioni hanno un gusto indefinibile. Non che non abbiano sapore, ma a volte non riesco a decodificarlo, a capire se sia dolce o amaro. Dovrei aspettare un po’, sul subito lasciare stare. Ma la tentazione di passarci la lingua è troppo forte, non riesco a resistere.

mercoledì, novembre 22, 2006

Sai, forse ho intuìto... quella nuvola sta entrando nel tuo cielo...

Ipotizzo, mica sono sicuro di quel che dico. Mi chiedo solo se anche da te procede lentamente contromano o se segue il flusso delle correnti. Guarda in aria, la vedi?
Se la vedi, per favore, dimmi di lei.

martedì, novembre 21, 2006

Ma dove sta andando quella nuvola? DOVE? Non vede che va contromano? Non mi interessa che sia timida, non deve andare contromano. Sporca il cielo con il suo soffuso movimento. Almeno che si dia una mossa. Ma cosa fa? COSA FA, dico io?!? e quell’aereo…no, non sarà mica così pazzo da andare contro quel muro informe di cotone… Quale vuoto vuole coprire, quale rumore non dovrei sentire?

lunedì, novembre 20, 2006

Non ho tempo di giocare con le parole. Oggi non ne trovo proprio. Ma siccome ne ho voglia, il tempo aspetta.

domenica, novembre 19, 2006

non prendo per i capelli il sole,
altrimenti mi rimangono
raggi di luce,
spenti,
in mano.

sabato, novembre 18, 2006

Un’esplosione di primavera, in pieno autunno. I colori stanchi e tristi divengono accesi, si emancipano, bruciano di vita. Una pozzanghera sorseggia un analcolico raggio di sole e risponde riflettendo il cielo e oscurando il fango. Gli alberi attorno, nonostante la calvizie della chioma non si deprimono e non cercano di mimetizzare la caduta delle foglie con orribili riporti.

Nessuno finge uno stato d’animo che non gli appartiene, nessuno recita perché a nessuno è stata assegnata una parte.

La malinconia, quell’intrepida zanzara che ogni tanto, sibilando, tenta di pungermi sottopelle, oggi mi è stata alla larga, infastidita dall’aroma, per lei insopportabile, della serenità.
Non è successo niente di speciale, niente di così eclatante da scompaginare gli equilibri. Niente e nessuno ad alterare la percezione della realtà, i miei occhi sono quelli di ieri e saranno quelli di domani.

Oggi va bene così e sorrido questo sorriso che mi ha portato, chissà da dove, il vento.
Glielo restituisco, sperando che lo porti sulle labbra di chiunque abbia voglia di accettarlo.

venerdì, novembre 17, 2006

Sì, un po’ di delusione c’è. La sto masticando, mentre ci ripenso. Forse un po’ mi ero illuso, forse pensavo di cavarmela meglio. Cerco sempre di partire con poche aspettative, ma purtroppo non è così facile addomesticare le sensazioni quando diventano cavalli al galoppo e ti ritrovi con tante di quelle speranze in tasca, che diventano polverose a fine serata. È come quando dopo sette semafori verdi e cinque passaggi a livello aperti trovi due semafori rossi e un passaggio a livello chiuso, e sbuffi dicendo, tra te e te, che non è stata proprio giornata, quando in realtà, se ci pensi bene, non hai il diritto di recriminare, di sentirti con il destino contro.

giovedì, novembre 16, 2006

“Un mazzo di fiori. Regalami un mazzo di fiori. Se in futuro vorrai farmi capire che da parte tua c’è dell’interesse nei miei confronti, non venirmi a cercare, mandami un mazzo di fiori.” Si guardarono negli occhi, un bacio lento, rimasero abbracciati a lungo. Lei sapeva che non si sarebbero più visti e sapeva benissimo che quel mazzo di fiori non sarebbe arrivato mai.

mercoledì, novembre 15, 2006

Cosa ti direi se ti trovassi qui, ora, davanti a me?
Ti direi che non mi capisco più e questo è un bene, ti direi che ti penso più spesso di quanto me ne renda conto, ti direi che stai diventando sempre più importante.
Ti direi che qualcosa è cambiato, che non sei più una qualsiasi.
Ti direi che in questo momento sono stranamente teso, e leggermente emozionato.
Ti direi che ho veramente voglia di parlare con te ma non saprei di cosa parlare; ti direi che fino a cinque minuti prima avevo così tante parole in testa e che tu le hai fatte scappare.
Ti direi che ti starei ad ascoltare, e ti direi di non preoccuparti, ti direi che ti puoi fidare.
Ti direi che sei bellissima.
Ti direi che vorrei conoscerti ancora meglio e che vorrei correre il rischio di innamorarmi di te. Anzi no, questo non te lo direi. Ancora no. Ma forse te lo farei capire.

martedì, novembre 14, 2006

Non lo so. Veramente!

Ma ci penso e torno. Ok?

domenica, novembre 12, 2006

Stamattina stavo sognando. Ma soprappensiero, della serie, non me ne rendevo nemmeno conto. A un certo punto, tuttavia, la situazione non mi quadra più. Praticamente mi compare davanti, dal niente, un personaggio con un casco in testa, una tuta e degli sci che, venendomi incontro, mi fa: “sai, io vado molto forte in allenamento, ma poi in gara cado.” Io lo guardo, francamente sorpreso, annuisco e penso: “cos’è che vuole questo da me?! E soprattutto... chi è questo qua, da dove salta fuori?!?”. Perplesso, continuo ad ascoltare 'sto tizio che continua a parlare di sciolina, scarponi, neve fresca. Figurarsi, io nemmeno so sciare… cosa volete che ne capisca! E lui intanto parla, spiega, snocciola dati…io non so darmi una spiegazione razionale.
Due minuti dopo mi sveglio...

Erano le dieci e mezza del mattino e nell’altra stanza la televisione era sintonizzata sul canale nel quale trasmettevano il primo appuntamento di slalom, valido per la Coppa del Mondo di sci alpino. Sì, insomma, l’ennesima interferenza della televisione, e stavolta pure nel sonno. Che nervi…

sabato, novembre 11, 2006

Se davvero non capisci, ma non puoi fare a meno di pensarci, bene, posso solo dirti che siamo in due.

venerdì, novembre 10, 2006

C’è sempre un “ma” di troppo, un “però” che si mette in mezzo, a sporcare una buona occasione. Il più delle volte aspetta, si mimetizza per poi comparire quanto tutto sembra fili alla perfezione. Il classico contrattempo, insomma.

giovedì, novembre 09, 2006

“Abbracciami, e stringimi forte a te”. La giovane stella si rivolse così al vento. Il vento, suo malgrado, dovette rifiutare. “Mi spiace, ma il mio continuo movimento ti farebbe ardere e fiammeggiare a tal punto da farti spegnere molto prima del tempo.” “Non mi importa del tempo, ti voglio lo stesso, ti desidero continuamente, giorno e notte nei miei pensieri ci sei solo te.” Il vento accarezzò quella giovane splendida stella una volta, una soltanto, poi preferì lasciare stare: non aveva senso farla bruciare solo per soddisfare una pulsione, una passione estemporanea.”Passerò di qui, di tanto in tanto” disse il vento “verrò in cerca di te, son sicuro che di volta in volta sarai sempre più bella, ti sfiorerò, ma senza farti male; mi divertirò a vedere quanti saranno innamorati di te, quanti ti penseranno tutte le ore.” La stella sorrise, un po’ di luce asciugò una lacrima, poi chiese al vento:”Prometti che mi verrai a cercare…”

mercoledì, novembre 08, 2006

...ma perchè?

martedì, novembre 07, 2006

In un angolo del giardino ho messo un cassetto, al posto del solito vaso, perchè voglio coltivare un sogno e non il solito fiore.

sabato, novembre 04, 2006

Adoro il particolare fuori posto, l’equilibrio che si altera, l’asimmetria, la mano sinistra simbolo di genialità e sregolatezza, perché essendo un pelo troppo grande l’universo, non intravedendone la fine, mi immagino che sia un tratto discontinuo a pennellare il nostro cielo.

venerdì, novembre 03, 2006

Stamattina davanti allo specchio c'era uno che mi somigliava parecchio. A un certo punto mi ha pure fatto un sorriso, o un cenno di saluto. Si vede che mi ha già visto anche lui. Al limite, se domani lo rivedo, proverò a chiedergli se mi conosce.

giovedì, novembre 02, 2006

Oggi, mezzo pomeriggio libero. Mi son concesso qualche respiro in più. Sono andato nella stanza dove sono custoditi i miei vecchi giocattoli, e l’intero armamentario di oggetti, libri e cianfrusaglie di quando ero bambino. Ho rivisto il mio peluche preferito, un panda di medie dimensioni, che da piccolo portavo sempre con me. È invecchiato. A dirla tutta è già tanto che sia ancora discretamente in salute e che non passi tutto il tempo a starnutire, data la quantità di polvere che inesorabilmente nel corso degli anni si è depositata sul suo folto pelo artificiale. Ci siamo guardati: non ho avuto coraggio di accarezzarlo. La sua espressione è ancora dolce e quasi più saggia. Penso sia stato felice di vedermi. Mi sono rivisto, come in un flash, mentre lo riabbracciavo da piccolo. Mi è venuta voglia di riabbracciare me stesso da bambino. E poi d’improvviso i ricordi di quel che ero mi son saltati addosso. Un filo di nostalgia, gli occhi un pelo più arrossati del previsto. E i sogni, i sogni di quel bambino abbracciato al suo peluche mi hanno sfiorato. Per qualche momento, nella penombra di quella stanza, la dimensione lontananissima di me stesso bambino si è sovrapposta a quella attuale.