mercoledì, ottobre 23, 2013

#3minutes | Ulysses

“Fin troppo spesso, forse davvero troppo”, si disse mentre camminava controvento, a passi lunghi e distesi in un inverno fin troppo vero, “è solo questione di fortuna”.

Un istante solo gli bastò per rileggere la sua vita sotto una nuova luce e realizzare che l’immagine che ne derivava era molto diversa da quella immaginata.

Lo sapeva fin troppo bene che non doveva interrogarsi troppo sul senso stesso della sorte.
Facendolo rischiava infatti di addentrarsi in una folta selva di ipotesi legate a doppio filo a quello che era effettivamente accaduto e a quello che sarebbe potuto accadere in teoria.
E quei fili diventano ragnatele capaci di legarsi ai pensieri in modo quasi chimico, rendendo indistinguibili i diversi filamenti.

L’ordine precostituito degli eventi, il caos, il libero arbitrio e l’anarchia del destino sono massi capaci di franare su dighe che si sgretolano sotto il flusso di un magma fin troppo denso di pensieri.

In ogni caso lui era troppo curioso e volitivo per arrendersi alla paura, troppo razionale per accettare acriticamente il senso del tempo scritto da una penna che non fosse tra le sue di dita.

Tutta la sua vita era stata una sfida verso la tensione e l’insofferenza di una lotta contro i propri pensieri su temi destinati a Dio o chi per esso. Tutta la sua vita era stata una ricerca della chiave per entrare nelle stanze più nascoste della propria mente, dove la mente stessa non voleva lasciarlo entrare. Era convinto di poter trovare Dio in quella stanza, la più nascosta, quella che gli altri chiamano comunemente anima.

I suoi viaggi e le sue continue avventure erano soltanto una ricerca della chiave, una peregrinazione nello spazio, un continuo andare fisico e mentale alla ricerca di indizi lasciati dal tempo e dalla sorte.

Era chiaro, per lui, che la sorte era soltanto una carta nel mazzo, l’elemento fuori controllo del gioco.
Puoi giocare al meglio le tue carte, essere quanto più scaltro possibile con quello che hai in mano, ma devi sempre e comunque considerare l’elemento fortuna.

Si fermò un istante. La barba lunga ed ispida proteggeva la pelle dagli spilli del vento, ma qualcuno penetrava comunque fino alla cute, costringendolo a qualche brivido mal dissimulato.

Che poi, brividi di freddo, lo erano solo in parte. A vederla così bella, avanzare verso di lui, con quegli occhi grandi e quel sorriso caldo nonostante l’inverno, l’emozione lo rendeva così vivo da vibrare letteralmente sotto i colpi secchi del cuore.

A volte è solo questione di fortuna, ma il fatto di tornare, quella era stata sua, di scelta. Nonostante la sorte, nonostante la ricerca di Dio, nella sua mente attraverso l’anima.

L’amore, si rese conto, era l’altro elemento assolutamente fuori controllo della sua vita. E, forse, almeno una parte di quel Dio che lui ricercava così ardentemente, si trovava nel suo cuore.

giovedì, ottobre 17, 2013

MI DEDICATE 3 MINUTI? | CON/CORSO BUENOS AIRES 2013: VOTAZIONE ONLINE




Ciao ragazzi,

 

Sono stato selezionato per partecipare alla V° edizione del concorso d'arte Buenos Aires(www.openartmilano.org).

La formula, purtroppo, prevede una votazione online per la scelta dei vincitori.

 

Sono abbastanza contrario a queste forme di voto, a mio modo di vedere poco meritocratiche, ma dato che queste sono le regole, tanto vale non fare troppo gli idealisti e concorrere come gli altri.

 

Indi per cui vi chiedo 3 minuti del vostro tempo, per votare online, nel caso i miei lavori vi piacessero.

 

Per votare dovete:

-        accedere al sito www.openartmilano.org

-        registrarvi (fortunatamente la registrazione è molto veloce)

-        fare il login con i dati registrati (riceverete mail di conferma)

-        votare le opere (la lista degli artisti è per cognome, trovate le mie sotto la "M" di Marconato).

 

Tutto questo lo potete fare in meno di 3 minuti.

 

Una persona può votare un’opera sola per ogni artista (sotto ogni immagine ci sarà il criterio di valutazione dal 1 al 5). I voti saranno automaticamente raccolti dal sistema e alla fine del concorso sarà visibile la classifica generale degli artisti.

 

Sarà possibile votare dal 15 al 31 Ottobre 2013.

 

Ai vincitori verrà data la possibilità di:

-        esporre le proprie opere in una mostra personale della durata di due mesi, beneficiando di materiali e attività promozionali (catalogo, inaugurazione e ufficio stampa);

-        avere un contratto di 12 mesi con la Open Art Gallery di Milano

-        esporre all'interno di fiere europee di settore.

 

Inoltre gli artisti che si classificheranno ai PRIMI 20 POSTI avranno l’opportunità di esporre in una esposizione collettiva di tre mesi che si terrà lungo il ground floor della Galleria Open Art Milano.

 

Nel caso abbiate amici o conoscenti amanti dell'arte o della fotografia, o che possano apprezzare i miei lavori, vi chiedo gentilmente di inoltrare questa email.

 

Vi ringrazio fin d'ora.

 

Buona giornata,

Gianluca

sabato, luglio 27, 2013

Fa strano. Ripartire da radio Ballet degli Eluvium.
Fino a qualche minuto fa combattevo la mia solita battaglia. Quella nella mia testa. Quella di parole che si scontrano tra loro, come le stelle di due galassie che grattano contro e generano altre stelle.
L'ho imparato da te, come nascono le stelle, io non lo sapevo. Tu sì.

Sorrido. Le mie tempeste non sono in effetti delle burrascose onde emotive, in cui mi rovescio. No, le mie battaglie sono molto più logoranti. Sono delle infinite partite a tennis, in cui ogni tanto arrivano palline da tutte le parti. Ecco sì. Una partita in cui non ci sono regole, una partita che non puoi preparare in anticipo. E senza arbitri a cui appellarti.

Questa musica, quella degli Eluvium, è come un vento che porta via i residui delle parole, rimasti come gusci sul pavimento della mia testa. Il mio ordine mentale è un qualcosa di assolutamente indecifrabile, dal di dentro, almeno mi pare così.

Mi fermo e sento l'esigenza di scrivere. Mettere ordine, in un certo senso.

Sono arrivati i nuovi pannelli, i miei lavori, - ok, i miei nuovi quadri -, ieri sera. Ho avuto un brivido. Sono stato soddisfatto di me stesso. Mi sono piaciuti, insomma. Non tutti, ma alcuni sono esattamente come li avevo immaginati, mentre li realizzavo utilizzando le dita sullo schermo del mio iPhone, oppure più tradizionalmente, per me, impugnando il pennino della tavoletta grafica, del mio iMac.

Vederli, toccarli, riconoscersi. Una tregua.

Sono una persona che guarda sempre il futuro, ossessionato - anche se ancora non lo riconosco -, dal tempo. Parlo spesso del tempo. Non so aspettare, non so gestirlo come vorrei.
Sembro paziente, calmo, riflessivo anche quando dentro sono in guerra. Spesse volte con le attese.

La tregua per me è una pausa dal tempo, una dilatazione del presente, senza implicazioni. Una sospensione in cui assaporare un frutto dolce come il piacere.

Ecco, ieri sera scartare gli imballi dei miei quattordici pannelli, toccarli, annusarli, guardarli e tenerli in mano mi ha concesso un momento di tregua.
Soprattutto guardandoli ho avuto quella sensazione di sospensione.

Il problema della tregua è che il tempo poi sembra andare al doppio della velocità e le mie aspettative ad un ritmo clamorosamente ridotto, rispetto al tempo stesso.
Sognare ad occhi aperti, visualizzare il traguardo, fissarsi degli obiettivi è il primo modo per raggiungerli.
Il problema di sognare ad occhi aperti è quando quegli stessi sogni non concedono tregua.

Ho iniziato relativamente tardi ad esporre i miei pannelli pubblicamente. A trent'anni. Quest'anno insomma. Fino allo scorso anno quelle immagini erano solo un mucchietto di pixel colorati, visibili on line sul mio blog e salvati su qualche server di cui ignoro pure la locazione geografica.

Sapevo che qualcuno li avrebbe notati, ci speravo. È andata come volevo.
Mi hanno contattato, mi hanno selezionato, mi hanno chiesto di partecipare ad una collettiva.
Finalmente, ho pensato. Finalmente una tregua.

Ed ora, dopo due mostre in pochi mesi, di cui una pure fuori dall'Italia, eccomi di nuovo a pensare a come realizzare i miei sogni. I miei sogni che alimentano domande, che poi diventano dubbi. Ed una rincorsa contro il tempo perché vorrei essere ben oltre. Ci vuole una grande forza di volontà per non mollare tutto, questo mi è chiaro ormai.

Ci vuole calma, aspettare uno scambio molto lungo, colpo su colpo, tra parole nella testa che picchiano da tutte le parti, graffiando un po' come le stelle tra due galassie, generando altre parole.

Ci vuole un respiro molto lungo, ogni tanto, un respiro che sembri l'inizio di una rincorsa ed invece, soffiando via i gusci delle parole, verso fuori e non verso dentro, sia l'inizio di una tregua.

venerdì, maggio 24, 2013

Un tempo c'era spazio per quello spazio che non suonava mai come vuoto.

Era noia, semmai. La noia la riempivi con immagini, quella della televisione. Oppure suoni. Tutte quelle canzoni che parlavano di noi, non intesi come due, assieme.

Ecco. Quella era un tempo che non rimpiango, ma da cui ho tratto insegnamento, semmai qualcosa ho imparato. Sulla vita, intendo. Quella che, altri, chiamano esperienza.

Non credo all'esperienza. Difficilmente la vita è così gentile da metterti nelle stesse condizioni, due volte, per usare quella che, gli altri, chiamano, appunto, esperienza.

Quello è il seme dell'amore. No, non l'esperienza. Quel tempo è il seme dell'amore. Quel tempo, che in quel campo di noia ha trovato la forza di andare a fondo e di mettere radice. Sfidando le immagini, della televisione, sfumandole sullo sfondo, come ombre su un muro.

La vera sfida è lasciarsi andare a fondo, fino in fondo. Quel tocco, spinta propulsiva, dal basso verso l'alto, principio stesso dell'ambizione. Quel tocco, in fondo, lo senti, lo senti proprio. Dentro.

Da là si parte. Perché l'ambizione, poi, si alimenta e si alimenta del coraggio. Il coraggio è benzina. Anzi no, il coraggio è una scusa. Come la volontà. 

La benzina è la paura che deve bruciare. Deve rimanere cenere di quello che le altre persone pensano di te. Perché il giudizio altrui conta quanto la polvere quando le persone che lo esprimono non sono le persone giuste. Devi diventare te stesso, a prescindere. Se lo fai, se inizi a farlo, allora tutto cambia.

A questo punto, solo a questo punto, l'amore. In primis verso sé stessi, il guardarsi negli occhi, dritti.

Troppi occhiali, a specchio, che nascondono l'anima. Troppi specchi che restituiscono sguardi, altrove.

Io, credo, ma lo dico a bassa voce, credo di averti trovato così. Dopo tutta questa strada. E non poteva essere diversamente. 

Perché di strada da fare ce n'è ancora tanta, perché l'ambizione è una benzina che brucia. Perché da soli si cresce ma in due è più bello farlo, anche se più difficile. Perché le strade diventano due e devono, naturalmente nella stessa direzione di marcia, confluire in una sola, di vita.

lunedì, gennaio 14, 2013

Sai, c’è sempre quel momento in cui prendi coscienza. Di solito serve una crisi, a volte basta un’esperienza totalizzante.

Mi sono perso in me stesso. Ho avuto la possibilità di farlo, di lasciare all’esterno la quotidianità, il moto continuo nel quale siamo onde influenzate dalla luna delle nostre routine.

Ho staccato la spina di un mio giorno qualunque. Una deviazione dal canonico orario d’ufficio di quello che devi per forza fare ed essere.
È stato come un viaggio interiore, breve ma intenso.

Ho approfittato di un pretesto per prendermi del tempo, per me. Sì, potresti dire che sono scappato e che tanto, prima o poi, si deve fare i conti con la realtà.

Già. Hai ragione.

Ma vedi, a volte, allontanarsi non è soltanto prendere tempo. A volte, uscire non è una fuga, è semplicemente un tornare a sé stessi.

sabato, gennaio 05, 2013



Già. Non so nemmeno quante volte ho iniziato a scrivere questo testo. Aspettavo che lo iniziassi tu, in realtà, ma niente, tu non ci sei. Per  cui tocca a me.

Che poi, lo sai, io non so mai da dove partire. E sì, lo so, lo so che uno dovrebbe cominciare semplicemente alzando il lembo di una parola, prenderla e via via, così con un'altra ed un'altra ancora. Tant'è.

Non ho dimenticato. Questa era la nostra sera. E credo sia stato bello che lo sia stata fino in fondo, fino all'ultimo giorno. E credo che per me lo rimanga ancora. Se ti vedessi adesso, così, per strada, ti direi: "Beh, hai visto? Sei anni e non sentirli!". Sarebbe bello strapparti un sorriso, così, dal nulla.

Già, sei anni. Più uno, l'ultimo. Guardo il mio orologio. Lo porto sempre, al polso. È davvero incredibile come tu sia riuscita ad indovinare quello che piaceva a me, senza nemmeno saperlo, come a dimostrare, una volta di più, che tu mi conosci meglio di qualsiasi altra persona.


E già. Che ti devo dire, che già non sai? Non ti ho più cercata, lo so. Sono fatto così. Tengo tutto dentro, scrivo, cancello, parlo d'altro, sorrido, esco, non ti affronto. Mai.

Sai, mi metto nei tuoi panni. Ti sto a debita distanza. Non mi va di invaderti la vita. Credo che le persone debbano essere libere di fare le loro scelte. Giuste o sbagliate.

La felicità è un diritto e tu hai diritto di cercarla, altrove. Che poi troverai solo mediocrità, e te la farai pure andare bene quella mediocrità. Pazienza. Ma d’altronde, mica ti posso anche augurare di trovarne uno migliore di me. Al netto che non è possibile, ma sarebbe una beffa, per me, non trovi?

Resti bellissima, infelice e testarda. Forse non così artista come credevo, come speravo. C'era di sicuro una parte di te che sognava di esserlo. Perché era quello che volevo che tu fossi. E tu hai cercato di diventarlo. Volevi che io fossi fiero di te.

Strana la vita. Strano come le persone si cerchino, investendo tutto quello che hanno, come hai fatto tu con me, che nemmeno ti rispondevo, all'inizio. E tu, ostinata a volermi, perché se tutti gli altri ragazzi ti volevano ed io no, tu mi volevi di più.

E poi. Poi mi hai conosciuto. Vedi, qual'è stato il tuo errore? Volermi! Perché i discorsi sui cambiamenti e il rimanere uguali lasciano il tempo che trovano come lascia il tempo che trova il fatto che probabilmente non smetterò mai di cercarti, dentro di me.

Guardo al presente, non mi nascondo. So bene che non so aspettare e che per me l’attesa è il massimo della pena.

Per cui mi convinco che non tornerai, anche se ancora lo spero.

Continuo la mia vita, continuo a riempirla, continuo ad uscire e a conoscere gente. C'è gente fantastica là fuori. E più conosco gente fantastica, più mi accorgo di quanto tu lo eri.


Sai bene che sono curioso e mi piace conoscere persone. Solo che poi vivo in funzione di chi mi sta accanto. Fin troppo. Per cui ora vivo in funzione di me stesso. L'unica cosa che posso e devo fare, d'altronde.

Pensa la vita che strana: stasera andrò al Panic, dove una volta abbiamo pure festeggiato il nostro anniversario e dove siamo finiti la sera del nostro addio. Mancherai solo tu stasera, gli altri ci saranno tutti. Non l’ho scelto io, stasera, ma non mi tiro indietro. L'ho razionalizzato soltanto dopo aver accettato. Funzionano così gli incroci della vita.

Come vedi, non ti ho recapitato nessun regalo, non ti ho inviato nessun messaggio, nessuna chiamata.
Nessun mazzo di fiori, nessuna poesia. Solo queste poche righe. Perché comunque non meriti indifferenza, non la meriti, perché gli amori vanno come vanno, ma tu sei stato vero amore. Poi, lo sai che io ho un debole per le belle ragazze e tu eri fantastica e lo sei anche oggi, anche se probabilmente tra le braccia di un altro.

Ecco, c'è una cosa che ti spetta, di diritto. Ti dedico la mia prima mostra, perché tu sola sai cosa significa quel pesce e tu sola sei sempre riuscita a leggere che dentro c’ero io, in perenne lotta con me stesso.
Tu, che quando nessuno mi leggeva, me l'hai fatto trovare sotto il tergicristallo della macchina, con una poesia.
Dio, se non era amore, il tuo!
 

domenica, dicembre 23, 2012


Titolo: Surf in'.

A me i bilanci non piacciono. Ho preso 29 su 30 nel primo esame di economia aziendale fatto all'università, ma sai, erano altri tempi. E comunque nonostante quel buon risultato, nutro sempre una certa avversione verso la condizione di fare il punto. Cosa che ogni tanto tocca fare.

Mi chiedo a cosa tu stia pensando in questo momento. Probabilmente che hai fatto bene, la cosa giusta. È quello che ti auguro. Alla fine il rammarico per una scelta sbagliata è un peso che uno si porta con sé a lungo. E peso dopo peso, sai, la schiena non ringrazia.

Io mi sento così uguale a me stesso, nel bene e nel male.
Capisco che ci sono cicli nei quali necessariamente uno deve passare. Io so già che questo ciclo di metamorfosi si concluderà con un apparente nulla di fatto. In realtà il cambiamento sovrascrive lo strato precedente, senza fare salvataggi, né punti di ripristino.

Non riesco a parlare di me. Lo sai. Scrivo un sacco, forse troppo, ma non parlo mai direttamente di quello che mi succede.
Scrivo a caso, usando quelle quattro parole che finora ho imparato, ma non ho ancora imparato a conoscermi a tal punto da capire dove sono ora. Figuriamoci se riesco a dirti dove andrò. Il 'dove andremo' non posso nemmeno immaginarlo.

Hai visto? Il pesce è tornato. Già. Pensavo fosse ancora impigliato in qualche rete, pronto per il cassetto dei ricordi. Invece. Invece è tornato. Lui. Dicono abbia personalità. Mi viene da sorridere. Anzi, mi viene proprio da ridere, sto ridendo.

Certe onde emotive sono come piramidi che sembrano franare, finché non capisci che le onde si cavalcano, con o senza tavola.

Non si smette mai di imparare, vedi?

sabato, dicembre 15, 2012

E niente. Tutto accade, quasi per caso, anche se in fondo sappiamo bene che non è così che funziona.

Tutto ciò che ci succede ci influenza, tutte le esperienze ci cambiano. Anche il non cambiare è un processo complesso.

E così mi ritrovo a pensare alla mia prima mostra. Io, che in fondo, non mi sento un artista, perché non lo sono.

Dovrei pensare alle bollette, alla casa, a un futuro da adulto. E invece. Invece capita che mi contattano per partecipare ad una mostra, a Roma, e mi pare la realizzazione di un sogno. I sogni di cui, spesso, tu parli.

Così riprendo la testa a posto, per rimetterla tra le nuvole.

E decido, d'istinto, di partecipare. A volte serve una chiave per aprire il cassetto, coi sogni dentro, a volte basta semplicemente tirare delicatamente la maniglia. Il cassetto, incredibilmente, è già aperto.

E adesso, sono in ballo, per cui si balla. Magari, qualche passo di salsa, torna utile, in questa vita.

Pare vero, eppure lo è.

sabato, ottobre 27, 2012

E niente. Ieri sera ho parlato di te. Mi è venuto naturale farlo. Forse la sangria, forse gli amici di sempre, quelli che conosci così bene. Il mojito l'abbiamo preso dopo, quello non c'entra. Credo. Cioè credo che l'abbiamo preso dopo. Vabbè, poco importa l'ordine di quello che ho bevuto durante la serata. Credo.

Al solito, ho parlato di te nel migliore dei modi e senza apparente distacco. Sai, penso di non essere cambiato molto, in effetti.

Che poi, non ho mai capito se mi chiedevi di cambiare, o no.

Sai, sto sorridendo adesso. Mi fa strano tornare a comunicare con te, dopo tutto questo tempo. Mi fa strano renderti partecipe, di punto in bianco, della mia vita. Non ti ho più cercata, lo so.

Stasera c'è un bel tepore qua dentro. Non ho voglia d'uscire. La settimana è stata impegnativa, sono stato via un paio di giorni. La sera torno sempre tardi. Mi riempio le giornate. Non sto cercando d'impressionarti, non m'interessa farlo.

In questo momento sto ascoltando gli Okkervil River. "For real" ti piacerebbe. Stasera mi sei tornata in mente ascoltando i Mumford & Sons. A te non sono mai piaciuti, mentre a me non dispiacciono, specie in The Cave and Winter Winds, contenuti in Sigh No More. Continuo ad ascoltare lo stesso tipo di musica e al solito m'illumino quando scopro qualcosa di nuovo.

Scoprire un gruppo nuovo, un libro interessante o un film coinvolgente, specie se mai sentito nominare prima, mi da sempre la speranza che fuori ce ne siano almeno un migliaio, se non milioni, di altri gruppi, libri, film disposti a sorprendermi.

E sì, mi lascio andare ancora a quel tipo di ascolto compulsivo di cui tu eri il massimo esponente. Quante volte eri capace di ascoltare la stessa canzone? Lo fai ancora? Immagino di sì.

Sai, tornando ai Mumford & Sons, la critica in effetti ha stroncato entrambi i loro album. Loro se ne sono fottuti e hanno fatto il sold out con concerti su concerti ed emozionato un sacco di gente con le loro canzoni. No, non sono cambiato: ascolto i giudizi della critica solo quando collimano con i miei.

Per cui quando la critica ha esaltato gli Alt-J e i The XX, figurati se non ci ho goduto. Forse il primo album degli XX ti può piacere, mentre quello degli Alt-J è più nelle mie corde, con sonorità alt-rock. Se ti capita, prova ad ascoltare.

Sai, spero sempre di non incontrarti. Lo so, è brutto da dire, ma è così. A volte capita, di intravederti in altre persone e - fidati - un po' il battito si accelera.

Non credo di aver fatto chiarezza fino in fondo dentro di me. La verità è che ancora non so quale sia la mia verità. Forse non l'ho cercata. Forse nessuno la cerca mai. È più semplice trovare scuse. Anzi no, adesso sono troppo duro. È che ogni volta che inizio a pensarci mi trovo capovolto e attorcigliato nel loro filo. Devo smettere perché non ne vengo fuori.

Per cui, sì, sono d'accordo, cambiamo discorso.

Sai, ho capito che ragiono un sacco per obiettivi. Quasi come con gli oggetti. Ricordi perfettamente quando mi fissavo con qualcosa che dovevo assolutamente fare, avere, comprare. Uguale.

Forse, alla fine, mi sta bene essere quello che sono. Buttandomi in nuove sfide, nuove avventure e nuove ricerche, questo sì, con particolare vigore. Ma dentro, mi accorgo che non sono cambiato.

Ecco, una cosa mi sarebbe piaciuto che tu fossi riuscita a fare. Riuscire a togliermi quella voglia di nuovo che, niente, ogni volta salta fuori, a guastare tutto.

C'eri quasi riuscita, tu, alla fine.

Non rileggo nemmeno, me ne pentirò più tardi, semmai, di quello che ho scritto. O ci riderò sopra. Ecco, quello sì, mi riesce molto meglio di un tempo. Che poi, non si dica, che oggi sono malinconico.

giovedì, ottobre 11, 2012

Non sono abituato. La vita che ti sbatte contro. A un certo punto la speranza che diventa un macigno.
E ti trovi sul serio a confrontarti, con la vita, dopo aver pensato ad altro, per tutto il giorno.

Capisci la disperazione di un padre e di una madre, aggrappati alla fede e alle poche informazioni che gli vengono fornite.
Capisci la rabbia di chi non può fare niente e invece farebbe, davvero, di tutto per salvarti, aiutarti, guarirti.

Ci dev'essere sempre fiducia, mi ripeto.

Tutto troppo in fretta. Tutto troppo maledettamente in fretta.

Io non posso fare niente, ma ti sono così vicino come di sicuro non lo sono stato mai.

sabato, luglio 28, 2012

Si tratta più che altro di speranze che si realizzano. Quando accade, non ci credi. Non perché non ci sei abituato, ma perché di solito non è così lineare.

Può essere uno sguardo, una frase, un messaggio, una telefonata, un bacio, qualsiasi manifestazione, oggetto, iterazione. L'importante è il tempismo, perché tu desideri ricevere quello sguardo, quella frase, quel messaggio, quella telefonata, quel bacio, quella manifestazione, oggetto, iterazione in quel preciso istante.
Quando succede, credo dipenda dall'affinità. Persone così uguali da capirsi anche se non si parlano direttamente.
In questi casi, la mia unica paura è quella d'illudermi che sia così. Illudermi di aver travisato questa empatia, di aver inteso che una persona possa capirmi quando invece non lo fa.
Mi stai insegnando che due persone possono entrare in sintonia così profondamente da iniziare a dialogare senza nemmeno usare la bocca.
Mi stai insegnando che le persone si incontrano in maniera del tutto imprevedibile, semplicemente lasciandosi andare.
Io queste cose le sapevo, o meglio, le avevo sentite dire, ma non ci credevo fino in fondo.

lunedì, luglio 16, 2012

Quel qualcosa che ti tratteneva, chissà se c'è ancora dentro di te.
Mi chiedo cosa fosse, cosa non ti abbia permesso prima di uscire.
Piccoli attriti interni, o il rumore del distacco.
Fa un brutto rumore vero?
Non preoccuparti, il tempo lucida anche i suoni. E poi sappiamo entrambi che il vintage è tornato di moda. Specie se in abbinata con i Wayfarer.

Difficile farne a meno.

Anche non pensarci è dura, lo ammetto. Vedila come una piccola grande soddisfazione che ti concedo. Anzi che ti sei presa, senza fare fatica.

Fossi in te ne sarei felice.
Sul serio.

Io invece devo uscire ad acquistare qualcosa. Sai che è il mio modo di reagire. Specie se la caviglia non mi permette di praticare sport.

Anzi, mi sa proprio che prenderò un paio di occhiali.
Prova a indovinare quali.

giovedì, giugno 21, 2012

Non trovavo niente di meglio da fare che crescere. Come un arbusto, ma rendendomene conto.

venerdì, giugno 15, 2012

Le acconciature nei miei ricordi non erano poi così male. Le fotografie, ingiallendo, sono meno comprensive.

martedì, giugno 12, 2012

Mia cara malinconia, l’allegria può alzare la voce quanto le pare e piace.

La tristezza è un insetto in un ambiente sterile.
Da scacciare via, per non rischiare di contaminare tutto.

Snocciolare dubbi, buttando via il guscio esterno. Affrontare il problema andando al nocciolo della questione.

I personaggi delle fiabe sono quasi tutti inventati. E gli animali non parlano. Per cui è utopistico pensare che il bene trionfi sempre.

Le mie risposte sono ben disposte, prossime alla via d'uscita. Le mie domande sparpagliate ovunque, come libri e vestiti in camera mia.

Parlo e straparlo, tra barriere e bandiere. Le note che sentiamo siamo noi che vibriamo, dentro. Non serve silenzio attorno. Bastiamo noi.